Dalla fine degli anni Sessanta negli Stati Uniti nasce la Land Art – termine coniato nel 1969 da Gerry Schum – movimento artistico che riscopre la natura e il paesaggio come strumenti e supporti, che divengono essi stessi scultura e installazione. Fra i maggiori autori ricordiamo Robert Smithson, Richard Long, Walter De Maria e Christo, famoso per avere completamente avvolto monumenti di grande dimensione come il Palazzo del Parlamento di Berlino, o ambienti naturali, come una scogliera in Australia o l’ultimissimo intervento The Flating Piers sul lago d’Iseo.
Anche in Europa la Land Art è di stimolo agli artisti che tra gli anni ‘60 e ‘70 stanno sperimentando vie nuove come l’Arte Processuale e l’Arte Povera, tuttavia il carattere che assume nel Vecchio Continente risulta di fatto diverso: più intimo, meditativo e soprattutto lungi dal creare opere dal carattere macroscopico, l’artista predilige gesti, camminate e materiali naturali per realizzare lavori di Art in Nature, così come verrà chiamata l’esperienza europea. Di fatto queste due dimensioni artistiche – nate in un contesto sociale e storico in cui l’arte avanzava sempre di più un ruolo sociale attivo, spinto dalla volontà degli stessi artisti di impegnarsi, denunciare, mostrare e far riflettere – non sono rimaste casi isolati e conclusi, ma sono state capaci di evolversi e tramutarsi in altre forme di arte, grazie anche alla sensibilità ecologista e ambientalista che dagli anni Ottanta in poi è dilagata nel mondo occidentale, conscio del pericolo che il pianeta stava correndo.